La congiura dei pazzi

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  • L’evento che più di ogni altro ha fomentato voci e curiosità di storici, sceneggiatori e addirittura di video game makers (Assassin’s Creed), è la congiura de Pazzi. Attentato che aveva l’obbiettivo di ribaltare la gerarchia a Firenze, togliendone ai Medici il controllo.
    Ai Pazzi ed ai loro alleati si aggiunse anche il Papa, di origini savonesi, Francesco Della Rovere noto come Sisto IV.
    Della Rovere, come molti Papi, sfruttò la sua carica per arricchire la propria famiglia e dare governatorati ai “nipoti”.
    Uno di questi fu Girolamo Riario che, sposando la figlia del Duca di Milano, Caterina Sforza ottenne il ducato di Imola.
    Per “acquistare” Imola al Papa servirono 40mila ducati che chiese in prestito ai Medici, Lorenzo però non voleva che il Papa si avvicinasse così tanto a Firenze e volendo per lui Imola rifiutò questo prestito, Prestito elargito dai Pazzi.
    Poi Giovanni Della Rovere fu fatto sposare alla figlia del Duca d’Urbino. Questo portò ad un vero e proprio accerchiamento di Firenze da parte del Papa, ed i rapporti tra i Medici ed il Papa si rovinarono irreparabilmente.
    Rapporti definitivamente annichiliti quando nel 1474 il Papa nominò Francesco Salviati Arcivescovo di Pisa, nomina che avrebbe dovuto prima avere l’imprimatur di Firenze. Lorenzo non accettando questa nomina vietò al Salviati, l’ingresso in Toscana per 3 anni.
    Ormai la situazione era irrecuperabile e la cospirazione inevitabile.
    All’albeggiare del 1477, a Roma, si riunirono Girolamo Riario, Francesco Salviati e Francesco De Pazzi.
    I Pazzi erano una delle famiglie più antiche di Firenze, sicuramente più antica di quella dei Medici. Famiglia ricchissima di banchieri (la cui ricchezza è dimostrata dalla cappella dei Pazzi vicino a Santa Croce e dal loro palazzo in Via del Proconsolo). Nel 1342 avevano rifiutato il proprio lignaggio per essere dichiarati popolani ed essere così qualificati per uffici di governo. Uffici di governo, che però non furono mai propriamente svolti in quanto i Medici li tennero sempre lontani, scatenandone l’odio e il sentimento di rivalsa.
    I congiurati decisero che, per detronizzare i Medici, avrebbero dovuto eliminare Lorenzo e Giuliano. Francesco de Pazzi poi identificò in Gian Batista da Montesecco, un condottiere che aveva già lavorato per il Papa, un alleato prezioso per la riuscita del piano.
    Una volta ottenuta la benedizione pontificia i congiurati decisero di muoversi.
    Subito si penso di eliminare i fratelli separatamente e si invitò Lorenzo a Roma, invito che venne declinato dal Magnifico.
    Si decide quindi di ucciderli insieme, a Firenze.
    L’occasione venne data dalla venuta a Firenze di Raffaele Riario, nipote del Papa, appena nominato cardinale.
    Venne organizzato un banchetto nella Villa dei Pazzi a Montughi. La sorte tese un altro tranello ai congiurati, infatti alla cena venne solo Lorenzo in quanto Giuliano si era procurato a cavallo una ferita alla gamba ed era quindi rimasto a casa.
    La congiura venne quindi posticipata. Riario, chiese a Lorenzo di poter vedere la collezione medicea. Lorenzo, amante dell’arte fu più che lieto di mettere in mostra le opere di sua proprietà. Fu quindi organizzato un banchetto a Palazzo Medici.
    Anche qui però la sorte volle diversamente infatti si dovette ulteriormente posticipare in quanto Giuliano, ancora debilitato dalla ferita alla gamba, non sarebbe stato presente.
    Ormai troppe persone sapevano della congiura, bisognava agire. Fu deciso che i due rampolli sarebbero stai uccisi il giorno seguente durante la messa in Cattedrale, celebrata dal Riario.
    Montesecco però, avendo potuto conoscere il magnifico e avendo apprezzatone la persona si tirò indietro, con la scusa che uccidere un uomo in chiesa sarebbe stato un sacrilegio imperdonabile.
    Così il compito di uccidere Lorenzo fu assegnato a due preti: Antonio Maffei e Stefano da Bagnone. A Giuliano avrebbero pensato Francesco de Pazzi e Bernardo Bandini Baroncelli.
    Anche quel giorno però, Giuliano era assente. I due però questa volta vollero aiutare la sorte ed andare a Palazzo Medici per convincerlo a venite.
    Ritornando verso Santa Maria del Fiore Francesco De Pazzi, abbracciò più volte Giuliano, con la scusa di vedere se fosse ingrassato durante la convalescenza, per scoprire se portasse un armatura.
    La messa iniziò, ormai non si poteva più tornare indietro.
    All’ostensione dell’Ostia, con in sottofondo le campane che suonavano a festa, Lorenzo si senti tirare vigorosamente dalla spalla. Voltatosi, ebbe appena il tempo di vedere il Maffei, assestargli un fendente di daga che lo raggiunse al collo. Ferito di striscio, riuscì ad estrarre la spada e a disarmare i due preti. Aiutato dagli amici Cavalcanti e Strozzi, riuscì a scappare in sacrestia dove si barricò dentro.
    Si informò subito sulle condizioni del fratello; nessuno ebbe il coraggio di riferirgli quello che avevano visto: un corpo dilaniato, su un letto di sangue e marmo.
    Intanto l’arcivescovo Salviati e Jacopo di Poggio Bracciolini, seguiti da un manipolo di mercenari perugini si diressero verso il palazzo della Signoria per deporre i Priori ed il gonfaloniere e prendere il potere.
    Arrivati a Palazzo Vecchio, l’arcivescovo chiese di essere ricevuto dal Gonfaloniere per recargli un messaggio del Santo Padre.
    Petrucci, che in quel momento stava cenando, ordinò di riceverli. I mercenari perugini furono accolti in un grande salone e le porte chiuse dietro di loro. Salviati, ricevuto dal Gonfaloniere, in chiaro stato d’ansia, balbettò poche incomprensibili parole che misero in allarme il Petrucci che subito, accortosi della minaccia, chiamò le sue guardie; così come Salviati. Però le truppe perugine erano imprigionate in quanto la stanza in cui erano stati rinchiusi poteva essere aperta da fuori ma non dà dentro. Fu subito suonata la vacca, per chiedere aiuto ai fiorentini. I sostenitori dei Medici, che intanto avevano saputo della congiura, presero il controllo di palazzo Vecchio eliminando, uno per uno, i mercenari perugini.
    Una corda fu tesa attorno ai colli di Poggio e Salviati e furono impiccati direttamente da palazzo vecchio. Francesco De Pazzi, ferito ad una gamba, fu preso dal suo palazzo ed anche lui come, anche due sgherri del Salviati, finì appeso con vista Piazza Della Signoria. Poliziano, che assistette alla scena, narra di come il Salviati, agonizzante e ormai cianotico, utilizzò le ultime energie per mordere il corpo di Francesco de Pazzi
    Lorenzo uscito ferito dall’aggressione, tornò a palazzo Medici, dove la folla ne aspettava notizie. Appena medicato, uscì sul balcone del palazzo per placare le voci di una sua morte e per chiedere ai fiorentini di non lanciarsi in vendette e spargimenti di sangue. Invito che cadde nel vuoto, in quanto nei giorni seguenti furono uccise circa ottanta persone, la maggior parte pretestuosamente.
    Una volta ristabilito l’ordine si passò a punire i colpevoli rimasti.
    Raffaele Riario, fu salvato da Lorenzo e scortato a Roma dove, fino alla fine dei suoi giorni, mantenne un pallore cadaverico che gli eventi di quella tragica giornata gli avevano impresso sul volto.

    Jacopo De Pazzi tentò la fuga a Castagno, ma qui, riconosciuto dagli abitanti del villaggio fu arrestato e riportato a Firenze.
    Qui, dopo essere stato torturato fu impiccato insieme gli altri. Seppellito a Croce, fu poi traslato, su richiesta dei cittadini, e buttato in un pozzo. Fu ripescato e trascinato per le strade di Firenze. Come ultimo sfregio, il cadavere venne decapitato. La per qualche giorno fece da battacchio al portone del Palazzo, il cadavere fu buttato in Arno.
    Antonio Maffei e Stefano da Bagnone vennero castrati ed appesi.
    Renato De Pazzi, anche se il suo coinvolgimento non fu mai accertato, venne anch’esso impiccato.
    Montesecco, una volta arrestato, sotto tortura confermo la partecipazione alla congiura del Santo Padre. Venne decapitato nel cortile del Bargello.
    Baroncelli riuscì a fuggire a Costantinopoli, ma qui identificato, venne estradato e giustiziato nel Bargello.
    La vendetta verso i Pazzi non si fermo qui. Venne dato ordine di bandirne ab eterno il nome ed il blasone. Le loro proprietà vennero confiscate, al loro palazzo fu dato un altro nome. Il loro simbolo, il delfino, fu cancellato da ogni luogo di Firenze.
    Una raffigurazione dei congiurati fu fatta da Botticelli su un affresco al bargello, in cui vengono rappresentati con un cappio al collo ed epitaffi scritti dal Magnifico

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